Sono trascorsi esattamente 15 anni da quando Angelo D’Arrigo ci ha lasciati. Il 26 marzo del 2006, infatti, il famoso aviatore e deltaplanista catanese, detentore di diversi record mondiali, perdeva la vita precipitando con un velivolo durante una dimostrazione a Comiso. Il ricordo di Angelo D’Arrigo è sempre vivo nei familiari e negli amici, ma anche in chi ha sempre ammirato in lui un uomo straordinario che con le sue incredibili imprese sportive è arrivato davvero sul tetto del mondo.
“Mio padre – spiega il figlio Gabriele, 29 anni, presidente dell’associazione sportiva Etna Fly – era un grande sportivo e aveva sempre questa voglia di primeggiare, ma mentre inizialmente lo faceva nelle competizioni, poi lo ha fatto con se stesso. Lui si era approcciato al volo degli uccelli, dopo essere passato dall’alpinismo e dallo sci. Il volo lo aveva così affascinato che voleva apprendere di più dagli uccelli e studiare tutto quello che c’è dietro, come ad esempio le migrazioni. Nel 1991, quando mia madre era incinta di me, mio padre, con il deltaplano a motore, di cui era già campione mondiale, è partito da Catania e ha effettuato un volo no stop di 3 giorni arrivando nei pressi de Il Cairo. Ovviamente aveva con sé un kit di sopravvivenza come viveri e acqua. Una volta atterrato in Egitto, alcuni uomini gli hanno puntato addosso i fucili e lo hanno arrestato, perché era stato scambiato per una spia israeliana. È stato portato incappucciato in Libia, dove è rimasto per un mese sottoterra in un carcere di massima sicurezza. Lì ogni giorno lo interrogavano in lingue diverse e non bastava spiegare ai vari interlocutori che era atterrato in Egitto per un evento sportivo internazionale. Mio padre cercava di far capire ai libici che aveva chiesto i permessi di sorvolo e che potevano fare tranquillamente delle ricerche, anche con gli ambasciatori, per verificare che quello che stava dicendo corrispondeva a verità. Purtroppo all’epoca non c’era ancora Internet e quindi tutto era più difficile. Mia madre non aveva più notizie di lui e pensava di tutto, anche al fatto che fosse precipitato in mare e che fosse disperso. Durante la prigionia, però, mio padre riuscì a consegnare di nascosto un foglio con il numero di telefono di mia madre a una delle suore che si occupavano della cucina, che a sua volta chiamò casa e riferì la grave situazione. Mia madre, quindi, si mise in contatto con la Farnesina e con l’allora presidente della Regione Siciliana che si attivarono per far liberare mio padre”.
“Nel 2001 – prosegue Gabriele – siamo stati insieme in Tunisia. In quell’anno, con il deltaplano, seguendo la rotta dei falchi migratori, ha sorvolato prima il Sahara e poi il Canale di Sicilia, per poi atterrare a Selinunte. Era molto felice e concentrato nel suo progetto. L’anno dopo è stato protagonista della traversata in deltaplano della Siberia. All’epoca era stato chiamato da alcuni biologi russi che stavano provando a reintegrare alcune gru siberiane in via d’estinzione. Mio padre guidò questo stormo di volatili per oltre 5mila km reintroducendoli così nel loro habitat naturale. Nel 2003, poi, è andato a fare un sopralluogo sull’Everest, scalando il monte a piedi fino a 7mila metri. A lui interessava allenarsi anche per valutare tutte le criticità relative all’alta quota. Nel 2004 è tornato sul posto per sorvolare la vetta più alta del mondo. Anche in quell’occasione si era affiancato a delle aquile nepalesi. Quella per papà è stata una delle situazioni più a rischio, perché nonostante avesse calcolato tutto, le condizioni meteorologiche erano poi risultate proibitive. Durante il sorvolo ha trovato venti fortissimi, si è rotto un cavo e pensava di non farcela. Una volta superata l’impresa, è stato costretto a un atterraggio d’emergenza nella Piramide italiana a 5mila metri di quota. Fortunatamente, sul posto c’era un custode della struttura che lo ha accolto e gli ha permesso di stare al riparo per 3 giorni, fin quando, cioè, sono venuti a recuperarlo”.
“Mio padre, grazie anche al volo – conclude Gabriele – mi ha insegnato a vedere il mondo da una angolazione diversa. Bisogna cambiare prospettiva per conoscere veramente le cose. Da lui ho imparato che è necessario apprezzare tutto dalla Natura e rispettarla, così come bisogna rispettare anche l’uomo. Non dare mai niente per scontato e non guardare mai qualcuno dall’alto verso il basso, tranne che per aiutarlo a rialzarsi. Mio padre resterà sempre nel mio cuore e in quello di chi lo ha ammirato, perché lui era veramente un grande uomo, al di là dei tanti record in ambito sportivo”.
LA SCUOLA DI VOLO “ETNA FLY”
Gabriele D’Arrigo è il presidente dell’Associazione sportiva Etna Fly, scuola nazionale di volo sportivo fondata dal padre Angelo. Da tanti anni è il punto di riferimento in Sicilia per coloro che vogliono avvicinarsi al magico mondo del volo libero.
Gabriele organizza voli in parapendio biposto che partono da diverse location siciliane: Patti, Gioiosa Marea, Calavà, Piraino, Pollina, Cefalù, Caltagirone, Mirabella Imbaccari, Niscemi, Letojanni, Gallodoro e infine Taormina e Castelmola. In quest’ultimo borgo collinare, il 9 giugno 2019, l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Orlando Russo ha ufficialmente intitolato ad Angelo D’Arrigo il sentiero Scalazze che porta a Monte Venere. In quell’occasione l’artista Erick Barbà ha realizzato uno splendido murales in memoria del grande deltaplanista catanese detentore di diversi record mondiali.
In cima, a pochi metri dal luogo di decollo, invece, è stata affissa una targa con una frase di Angelo: “Spingendo quotidianamente i nostri limiti riusciamo a piccoli passi a superare le paure che ci vietano il possesso della nostra esistenza”.
“La scuola di volo Etna Fly – sottolinea Gabriele – continua nel segno e nel ricordo di mio padre. La sede amministrativa è a Pedara. Io mi occupo di insegnare le tecniche di parapendio agli appassionati, ma chi vuole può anche provare l’esperienza in tutta tranquillità con il biposto. Io solitamente partecipo anche a gare di parapendio, anche di 100 km di distanza in 5 ore. Adesso, a causa Covid, sono state sospese quasi tutte le competizioni, ma sono certo che riprenderemo quanto prima”.
Gabriele ha un fratello, Ivan, studente di scuola superiore, e una sorella, Gioela, che lavora nel campo della moda. La mamma Laura Mancuso è la presidente della Fondazione “Angelo D’Arrigo” onlus che organizza eventi di beneficenza, soprattutto a Taormina e a Catania. “La Fondazione – prosegue Gabriele – porta avanti anche progetti nelle carceri e nelle scuole e cerca di aiutare chi è in difficoltà. Mio padre è nato da una famiglia abbastanza umile e si è fatto da solo, riuscendo a creare qualcosa di grande e mettendo le basi per un buon avvenire. Papà, nel 2005, ha scritto un libro, dal titolo In volo sopra il mondo, dove racconta le sue esperienze di vita e l’avventura sull’Everest. Mia madre, invece, ha pubblicato un’altra opera editoriale, dal titolo In volo senza confini – Una storia d’amore, di volo e di condor”.
Saro Laganà