Taormina. “Siamo in un posto magico”: così parlò martedì sera Zucchero, rivolgendosi ai sognatori attenti che lo amano visceralmente per la sua sconfinata, complessa, iridescente e affascinante personalità. Erano tutti spettatori, quelli che ascoltavano, ma erano anche e soprattutto sognatori, ognuno a modo suo: c’erano il silente intellettuale, il fan con bandana a cingere la fronte, il cultore che si esaltava per i tecnicismi e i virtuosismi di un genere musicale talmente unico da non essere nemmeno un genere, il raffinato che dall’intesa con Kat Dyson e Doug Pettibone accedeva all’estasi. C’era poi quello che voleva ascoltare alcune parole contenute nei brani più celebri, per farne un manuale d’istruzioni allo scopo di ricostruire la sua anima a partire dall’indomani, e c’era anche quell’altro, il felice bevitore di vita, che si è sentito finalmente libero soltanto quando il Maestro ha invitato tutti ad alzarsi e ballare.
Come facevano a stare tutti insieme nella stessa platea? Perchè quello è un posto magico, come ha detto un protagonista della musica mondiale. Tornando a casa, mi è venuta voglia di scriverlo rabbiosamente sul biglietto del concerto, che eravamo in un posto magico, a caratteri cubitali e proprio accanto alla dicitura Teatro Antico – Taormina, quasi trafiggendo la carta. Il tour “Inacustico 2021” è partito dalla Perla, dal suo gioiello di pietra con intarsi di suggestioni naturali, storiche e artistiche: un posto magico, già, e noi lo dimentichiamo troppo spesso. Oggi, a troppi piace confinare nell’oblìo la poesia e condannarsi a vivere di altro pur esaltante ma effimero, anzichè cibare testa e cuore di ricordi che non tramonteranno.
Chi ama parole, sonorità e performance del re del blues, chi sceglie di collocarvi nitidi highlights del suo vissuto e potenti ma indistinte sensazioni esistenziali provate negli anni, riesce davvero a custodire il meglio di sé, e quindi anche la magia e i suoi luoghi, in uno scrigno musicale. All’interno del quale è tutto così bello che “non si capisce un…”, come da icastica espressione del nostro a proposito di alcuni conflitti tra abitudine e corrette prassi relazionali in tempo di pandemia.
A volte mi fa piacere, non capire: precisamente, è così quando arriva l’emozione, che se irrazionale e perfino illogica mi fa sentire al luna park. Infatti, anche se non ero un bimbo cattivo, l’autoscontro mi divertiva più di tutte le altre attrazioni, alla giostra. Ho aperto lo scrigno dei tesori di Zucchero: c’erano spighe, granai, cani, feste e profumi di campagne che non ho mai visto ma forse ho frequentato in qualche vita precedente; era tutto terribilmente delicato, c’erano i congiunti e gli scongiunti, come ha detto lui. C’era il coraggioso amore di Angelina, c’era l’orgoglio del martedì che è sempre meglio del lunedì, c’erano tanti occhi, c’era molto spirito nel buio e quindi l’eterno era palesemente al nostro fianco, c’era soprattutto il blues nel blu e c’erano tante… “Voci”, che è forse la mia preferita. “Così celeste”, l’atmosfera, da portarmi lì, oltre il Giordano.
Non posso cedere alla tentazione di provare presuntuosamente a spiegare la gioia di aver vissuto una profondità ancestrale che tutto mischia, non posso chiedervi due ore e pensare di riuscire a rigenerarvi in questo lasso di tempo, non sono mica Zucchero. Buon compleanno, Sugar, e grazie per averci ricordato che viviamo in un posto magico.
Angelo Scaltriti