S. Teresa. Presso il Palazzo della Cultura (Villa Ragno) di S. Teresa, il Cesv e le associazioni del Coordinamento Locale di Comunità “Riviera Jonica 20” hanno presentato “Contiamoci”, ovvero la mappatura sulle disabilità nell’Unione dei Comuni delle Valli Joniche dei Peloritani. Si tratta di un’ipotesi di ricerca sulla disabilità per costituire un’anagrafe dei disabili del comprensorio jonico. Sono intervenuti: Rosario Ceraolo, direttore del Centro Servizi per il Volontariato di Messina; Tania Poguisch, attivatrice territoriale del Cesv; Maurizio Crisafulli, referente CLC Riviera Jonica e presidente Avis sezione di S. Teresa di Riva; Antonella Casablanca, responsabile del Centro “Il Picchio” – Associazione Penelope di S. Teresa; Antonella Aliberti presidente “DisPAri”, associazione di solidarietà familiare per le diversabilità di S. Teresa; Antonio Sofia, segreteria nazionale di “Sfida” (Sindacato famiglie italiane diversamente abili); l’assessore ai Servizi Sociali del Comune di S. Teresa, Pina D’Arrigo; Angelo Lavia, presidente dell’Aism provinciale; Salvatore Bucalo (assessore di S. Teresa) e Maria Concetta Pizzolo (vicesindaco del Comune di Savoca). L’obiettivo che sta alla base della ricerca mira a porre l’attenzione degli enti pubblici e della popolazione locale sulle tematiche relative alla disabilità attraverso la costituzione di un’anagrafe dei diversamente abili comprensoriale e dei relativi servizi ad essi erogati. Questa mappatura rappresenta l’inizio di un’attenta analisi del bisogno e permetterà, da un lato di qualificare e migliorare il sistema dei servizi esistenti e dall’altro, di sperimentare e progettare necessari interventi futuri. Sono stati presi in considerazione i 12 Comuni appartenenti all’Unione dei Comuni delle Valli Joniche dei Peloritani, ovvero: Antillo, Casalvecchio Siculo, Savoca, Roccafiorita, Limina, Forza d’Agrò, Pagliara, Mandanici, Roccalumera, Furci, S. Teresa e S. Alessio con una popolazione totale stimata intorno ai 24.500 abitanti. Lo strumento utilizzato per la realizzazione della ricerca è stato il questionario elaborato in maniera tale di rilevare sia i dati quantitativi, relativi alla presenza dei diversamente abili presi in carico dagli uffici servizi sociali che qualitativi inerenti i servizi erogati dai singoli Comuni. Oltre ai dati numerici, la seconda parte della ricerca ha rilevato l’esistenza o meno di servizi specifici rivolti ai diversamente abili e alle loro famiglie.
Tra i servizi erogati è stato rilevato nello specifico che: l’assistenza igienico-personale nelle scuole viene fornita da 3 Comuni su 12; i centri diurni sono presenti in solo 2 Comuni su 12; le strutture di accoglienza sono inesistenti; il trasporto verso i centri riabilitativi viene effettuato da 6 Comuni su 12; l’assistenza domiciliare, ma solo agli anziani da un Comune su 12, mentre sia ad anziani che a disabili 4 Comuni su 12; i rimborsi delle spese di trasporto verso i centri di riabilitazione 2 Comuni su 12; i contrassegni per le auto vengono rilasciati da tutti i Comuni con un numero a volte incongruente rispetto al totale dei disabili rilevato; i progetti di inserimento lavorativo sono presenti in 3 Comuni su 12. L’analisi sui dati condotta ha messo in luce che le carenze informative e di operatività nel sociale sono dovute alla: a) mancanza della figura dell’assistente sociale in diversi Comuni; b) mancanza dei controlli incrociati fra i vari enti, nella fattispecie Comuni, scuole, Inps, Asp e associazioni di volontariato; c) carenza di una rete informativa sinergica e funzionale attiva all’interno del territorio comunale e fra i vari comuni facenti parte dell’Unione; d) mancanza di una progettualità seria, approfondita, coerente e soprattutto duratura nel tempo. Prendiamo in esame il primo punto, la figura di un assistente sociale all’interno di un Comune è obbligatoria e necessaria. L’aumento delle situazioni di disagio socio-familiare che interessano i disabili, i minori e gli anziani e la forte crescita del fenomeno migratorio, creano la nascita di nuove problematiche che necessitano di essere attenzionate da figure specializzate al fine di sviluppare adeguatamente interventi mirati e dare alle famiglie l’adeguato supporto nell’affrontare le problematiche quotidiane. Per quanto riguarda il secondo punto è stato riscontrato che se ci fosse stata una sinergia di informazioni fra i vari enti, la nostra ricerca avrebbe potuto essere più aderente alla realtà e avrebbe fornito la conoscenza esatta dell’entità del problema disabilità. In merito agli ultimi due punti presi in esame è stato constatato la progettazione nel campo dei servizi sociali è quasi del tutto assente a livello sia dei singoli Comuni che comprensoriale. In particolare dalla ricerca è emerso che molti Comuni hanno indicato come proprio il servizio di assistenza domiciliare erogato tramite il progetto dei Piani individualizzati per disabili gravi promosso dal Distretto socio-sanitario D32 di Taormina. Ciò dimostra che la progettazione partecipata permette anche ai singoli Comuni di usufruire di risorse che permettono di garantire dei servizi essenziali per i diversamente abili e per le loro famiglie. L’Unione dei Comuni, essendo una struttura sovracomunale, potrebbe essere lo strumento idoneo per fare sinergia sia d’informazione che di progettazione. Un altro ruolo significativo è quello svolto dalle associazioni di volontariato impegnate attivamente e quotidianamente sul territorio che rappresentano uno stimolo oltre che un supporto per le amministrazioni pubbliche. Le proposte sviluppate a seguito dell’analisi condotta e dell’esperienza maturata in questi anni di lavoro sociale riguardano: la costituzione di un’anagrafe della disabilità per cui ogni Comune, facendo gli opportuni riscontri con il distretto socio sanitario di riferimento e con Asp, scuole ed Inps abbia una numero più vicino possibile alla realtà dei soggetti diversamente abili presenti sul proprio territorio; la creazione di consulte del volontariato che siano strumento di indirizzo ed orientamento per le Amministrazioni comunali; la creazione di un gruppo di lavoro di cui facciano parte i rappresentanti di ciascun Comune e delle associazioni che operano sul territorio, che siano professionalmente capaci di reperire fondi attraverso la progettazione sociale; la realizzazione di un centro riabilitativo di ottimo livello, dotato di tutto ciò che sia possibile e fattibile per rendere nuovamente abili i diversamente abili; l’abbattimento delle barriere architettoniche per dare la possibilità ai disabili di muoversi liberamente in piena autonomia e di accedere agli uffici, ai locali pubblici e privati in linea con l’attuazione delle norme previste dalle leggi; la costruzione di una struttura comprensoriale per il “dopodinoi”; l’attivazione, nei Comuni in cui non sono presenti, o la prosecuzione, nei Comuni in cui sono presenti dei servizi di: assistenza domiciliare, assistenza scolastica igienico-sanitaria, il trasporto scolastico e verso i centri diurni e/o riabilitativi, l’inserimento lavorativo dei soggetti adulti con abilità differenti.