Taormina. Il giornalista e scrittore Luca Serafini è stato nei giorni scorsi a Taormina per presentare il suo nuovo libro: “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 312 pagine, 18 euro), biografia romanzata del grande chirurgo italoargentino (originario delle Isole Eolie) Renè Geronimo Favaloro, inventore del bypass. In quell’occasione ne abbiamo approfittato per intervistare l’autore, noto giornalista sportivo con una lunga carriera televisiva alle spalle. Dopo 26 anni trascorsi a Sport Mediaset, è ora opinionista a Sportitalia, MilanTv e 7GoldSport.
Buongiorno signor Serafini, lei è un grande tifoso del Milan con cui ha collaborato per molti anni, ma da cosa è nata questa passione per i colori rossoneri?
“A me fondamentalmente piaceva giocare a calcio. Avevo e ho questa grande passione per il pallone. Io sognavo di andare a vedere una partita finché un giorno mio cugino mi portò a San Siro obbligandomi però a mettere la maglia del Milan, perché lui era un tifoso rossonero. E il ricordo che ho è che tutti andavano pazzi per il Milan, ma soprattutto per Rivera. Così iniziò la mia grande passione per la squadra lombarda”.
Lei di recente ha affermato che sarebbe disposto a cedere lo stadio “San Siro” ai cugini nerazzurri. Perché?
“Il problema principale di questo stadio è che non si può ammodernare, ossia, non si possono costruire degli ascensori, non ci sono delle infrastrutture per i disabili, non si possono costruire negozi e nonostante San Siro abbia il suo fascino, unico in tutto il mondo, deve essere abbattuto come è successo ad altri stadi importanti come Wembley o Anfield. E soprattutto due squadre come Inter e Milan, che hanno fatto la storia del calcio europeo, devono avere uno stadio proprio. Purtroppo questo processo viene fermato dalla politica e dagli interessi privati ma d’altronde siamo in Italia”.
Proprio con il Milan lei ha lavorato e tutt’oggi lavora. Qual è il giocatore a cui è più affezionato?
“Io stimo Rivera per la sua classe calcistica e perché è stato il calciatore con cui sono cresciuto. Ho un grande rapporto di amicizia con Marco Van Basten, Ambrosini e Billy Costacurta. Ma sono amico anche con molti giocatori dell’Inter come Evaristo Beccalossi e Walter Zenga. Perché prima del Milan io amo il calcio in generale e proprio per questo sono conosciuto anche per la mia obiettività”.
Con la mancata qualificazione della Nazionale italiana ai Mondiali del 2022 si può notare una pecca nel sistema italiano. Quale può essere la chiave per ripartire?
“Un problema è che nelle squadre in Serie A non si punta molto sui giovani e molte società usano i giovani per sistemare il bilancio. Inoltre, per una singola prestazione, un calciatore viene esaltato e osannato e appena fallisce una partita si crede che il giovane abbia fallito. Ma è un classico degli italiani esaltarsi e deprimersi dopo poco. La colpa della mancata qualificazione non è soltanto del commissario tecnico ma anche dei giocatori e dell’organizzazione generale. Tutto questo ha messo a nudo una serie di problemi. Certe volte siamo troppo presuntuosi. Vinciamo un trofeo e crediamo di aver risolto tutti i problemi e questo rallenta ogni processo”.
Recentemente ha pubblicato un libro “Il cuore di un uomo”, che parla della storia di Renè Favaloro. Come mai ha deciso di parlare di questo grande chirurgo?
“Io ho un ottimo rapporto di amicizia con il primario Cesare Beghi, che cercava qualcuno che potesse raccontare la storia di Renè Favaloro, allora io gli promisi che avrei scritto io di quest’uomo. E man mano che ho iniziato a scrivere questo libro mi sono anche affezionato alla sua storia. Un uomo che aveva origini italiane poiché i nonni emigrarono e se ne andarono dalle Isole Eolie per andare in Argentina dove poi è nato Favaloro. Lui era molto affezionato all’Italia e dopo aver ricevuto molti premi e riconoscimenti in tutto il mondo era rimasto deluso che in Italia nessuno si ricordava di lui finché nel 2001 gli diedero la cittadinanza onoraria a Salina e successivamente lo nominarono Cavaliere della Repubblica Italiana. Renè oltre che come medico io lo ammiro anche come persona, è sempre andato contro al regime peronista che è vissuto in Argentina per molto tempo. Ha rifiutato offerte di molti soldi in America pur di restare in Argentina”.
Marcello Conti