Il 18 gennaio è ufficialmente uscito in libreria “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 312 pagine, 18 euro), biografia romanzata del grande chirurgo italoargentino (originario delle Isole Eolie) Renè Geronimo Favaloro, inventore del bypass, nato nel 1923 a La Plata e morto suicida nel 2000 a Buenos Aires. L’autore è Luca Serafini, noto giornalista sportivo con una lunga carriera televisiva alle spalle: dopo 26 anni trascorsi a Sport Mediaset, è ora opinionista a Sportitalia, MilanTv e 7GoldSport. Cosa c’entra un giornalista sportivo con la chirurgia e con la vera storia del più grande medico argentino? Serafini è abituato a guardarsi in giro: scrive di società e cronaca sulla testata online @ltroPensiero, ha già firmato in Italia biografie di vari personaggi dello sport e dello spettacolo (Maurizio Mosca, Andry Shevchenko e Martina Colombari) oltre a 3 romanzi tutti ispirati a storie vere. Il calcio, insomma, gli va stretto.
La genesi de “Il cuore di un uomo” passa attraverso l’indimenticato Cesare Cadeo, scomparso 2 anni fa. Il noto presentatore delle reti Mediaset fu paziente del primario di cardiochirurgia dell’ospedale di circolo di Varese, Cesare Beghi, il quale si era rivolto a lui mentre era alla ricerca di qualcuno che scrivesse la vita del suo mentore, appunto René Geronimo Favaloro: il professor Beghi, infatti, fu suo allievo a Buenos Aires e La Plata agli inizi degli anni ’90 e legò con Favaloro un’amicizia profonda, durata fino alla tragica scomparsa del luminare siculo-argentino nel luglio del 2000. Per quell’incarico, Cadeo gli indicò Luca Serafini con il quale l’amicizia era datata dagli anni ‘80.
“Il giorno in cui Cesare mi presentò Cesare – scherza Serafini – dopo pranzo tornai a casa, mi misi a navigare sul web alla ricerca di notizie su Favaloro. Erano le 15: mi alzai dal pc che erano quasi le 20”. Da allora, un lunghissimo lavoro di ricerca, viaggi in Argentina e a Salina (dove in marzo si terrà la prima presentazione nazionale), traduzione di libri dallo spagnolo, interviste e incontri con le persone più vicine a Favaloro: 3 anni culminati con la stesura proprio durante la pandemia del 2020. Nell’estate di due anni fa, grazie all’amico scrittore Marco Dell’Acqua, Serafini iscrisse il manoscritto alla sezione inediti del “Premio Zanibelli-Sanofi, la parola che cura”, il riconoscimento letterario italiano più prestigioso legato alle opere dedicato alla medicina. Vinse il premio e il suo lavoro passò nelle mani di Rizzoli.
Sabato 26 marzo 2022 il libro verrà presentato a Salina.
LA TRAMA
René Gerolamo Favaloro nasce a La Plata (Argentina) nel 1923. I nonni italiani, originari delle isole Eolie, lo spingono sin da piccolo alla carriera medica. Filantropo idealista e democratico, contrario ai regimi, alle dittature e alle repressioni, da studente subisce arresti e pestaggi dalla Polizia per le sue idee di giustizia sociale. Si laurea a pieni voti al Colegio Nacional Universidad de La Plata, dove sogna di iniziare il suo percorso lavorativo, ma un documento di ammissione prevede la sua adesione al regime peronista, che René non sottoscrive. Uno zio lo chiama nel minuscolo borgo di Jacinto Arauz, nel cuore della Pampa, dove il medico di campagna è ammalato: dovrà sostituirlo per qualche settimana. Vi si fermerà 12 anni, creando (sin dai primi mesi) un comprensorio medico straordinariamente moderno ed efficiente. Nel 1962 un suo anziano professore universitario ne favorisce il trasferimento negli Stati Uniti alla Cleveland Clinic, ancora oggi una delle più rinomate nel mondo per la cardiochirurgia. Durante la sua intensissima attività come specializzando, prosegue negli studi e affina la tecnica che lo porterà ad essere, nel 1967, il primo cardiochirurgo della storia a impiantare il bypass aortocoronarico, per il quale – tra le centinaia di altre onorificenze – riceverà la nomina per il premio Nobel. Nel 1970, rinunciando a offerte fino a 2 milioni di dollari all’anno per trattenersi negli Stati Uniti, torna a Buenos Aires per realizzare il suo sogno più grande: creare la Fondazione Favaloro, clinica universitaria autosufficiente a disposizione del popolo, ancora oggi la più rinomata del Sudamerica. Membro attivo nei comitati di ricerca dei desaparecidos, in aiuto e sostegno delle famiglie delle migliaia di scomparsi durante la sanguinosa dittatura dal 1976 al 1983, la sua filantropia viene messa a dura prova dal clima politico ed economico argentino, che negli anni finiscono per soffocare la Fondazione tra tagli dei finanziamenti pubblici e privati, mancati pagamenti da parte di enti, sindacati, assicurazioni e una crescente depressione economica del Paese. In ginocchio per i debiti che lo costringono a disfarsi di tutte le sue proprietà personali, abbandonato e tradito da molti amici, il 29 luglio del 2000 si toglie la vita con un colpo di pistola al cuore.
IL CALCIO
Il Milan è nel sangue e nel destino di Serafini anche in questa nuova straordinaria esperienza (“La più importante della mia vita”): Cesare Cadeo e Cesare Beghi erano uniti dal tifo sfrenato per i rossoneri; il presidente del Milan Club Buenos Aires, Marco Gavazza, in un fitto rapporto epistolare con Serafini durante la stesura ha supervisionato tutti i passaggi in lingua spagnola; l’ex editore di “OggiMilan”, Daniele Gallo, ora docente di letteratura alla Società Umanitaria di Milano, ha firmato la prefazione. Ma anche l’Inter avrà un ruolo importante: Luca Serafini e il presidente onorario nerazzurro Javier Zanetti si sono già parlati da tempo, per organizzare (attraverso la Fondazione Pupi di Zanetti) una presentazione e una raccolta fondi per l'”Università Favaloro”, l’eredità lasciata dal chirurgo che costituisce ancora oggi un punto di riferimento in Sudamerica per quanto concerne gli studi, la ricerca scientifica e il pro-bono.
CAPITOLO I
«Si no tomamos conciencia del desastre ecológico que el hom bre ha desatado en nuestro planeta – la Argentina no queda excluida – las consecuencias serán terribles. Todos debemos comprometernos a luchar sin descanso por la rehabilitación del aire, el agua y la tierra.»
(Se non prendiamo coscienza del disastro ecologico che l’uomo ha provocato sul nostro pianeta – l’Argentina non è esclusa – le conseguenze saranno terribili. Dobbiamo impegnarci tutti nella lotta instancabile per la riqualificazione di aria, acqua e terra.) René Geronimo Favaloro, 1993
Salina (Messina), isole Eolie, 1999
I tenui soffi della brezza slittavano sui capelli, insinuandosi tra le palpebre che socchiuse, sorridendo e prendendo fiato. Reclinò appena il capo all’indietro, abbandonandosi alle carezze d’aria sulle gote e sul collo. Portò alle labbra la manciata di terra appena raccolta, la annusò a fondo. La baciò. Si guardò intorno con aria furtiva sperando di non esse re visto da nessuno, un contadino, un turista o un passante: in quel caso sarebbe stato difficile non farsi notare, lui così alto, la folta capigliatura lisciata all’indietro con la brillantina, il volto scavato da dune di pelle come la sabbia di una spiaggia deserta, una fossetta accentuata a separare il naso dal labbro superiore di una bocca piccola e carnosa. L’espressione perennemente assorta verso un orizzonte immaginario in cui si per deva lo sguardo mesto, come di un mite guerriero. Ma non c’era nessuno. Nessuno. Intorno soltanto luce, un’immensa onda di luce. E sole. Il sole. E cielo, e mare… Immenso zaffiro come un tappeto turchese da cui ogni isola dell’arcipelago è avvolta e accarezzata. Colori e infinito, chiazze di verde ovunque, come sulla tavolozza di un pittore. I pioppi in bilico sulle rocce scoscese, il fruscio dei tigli, limoni che brillavano come pepite e profumi così intensi quasi da stordir lo in una cocente atmosfera. Fece qualche passo prima di allungare la mano verso il vitigno, staccando con cura due grandi acini di uva bianca che pulì con il polpastrello e prese a masticare piano, soavemente, chiudendo gli occhi. Respirò ancora, come per inebriarsi de gli stessi odori che avevano pervaso buona parte della vita dei suoi nonni. Quasi un secolo prima, alla fine dell’Ottocento, la fillossera1 aveva distrutto le coltivazioni costringendo tutti gli eoliani a emigrare in Australia o in Argentina. Nonno Gerolamo e nonna Rosalia dovettero partire dalla Sicilia per arrivare a La Plata, dove raggiunsero il fratello di Gerolamo. Senza mai più tornare in Italia. René quel giorno sentiva sua la terra, sua la casa. Il suo sangue, le sue radici. Immerso nella natura e felice, a tutto pensava fuorché al mezzobusto che di lì a poco sarebbe stato scoperto in suo onore, nel giardinetto adiacente l’ambulatorio di Leni che, insieme con i comuni di Malfa e Santa Marina di Salina, gli avrebbero anche conferito la cittadinanza onoraria. Aveva scritto le poche righe di ringraziamento durante il pranzo a Lingua, costantemente distratto dalla visione di Lipari, maestosamente eretta di fronte alla terrazza del ristorante.
“Quando percorre la Sicilia, oltre ai suoi meravigliosi luoghi, il turista si imbatte nella testimonianza trascendentale della cultura che, a partire dal VII secolo avanti Cristo, impregnò quest’isola privilegiata per dar vita alla scuola siciliana. […] Vorrei ricordare alcuni personaggi di questo secolo: Luigi Pi randello, premio Nobel; Salvatore Quasimodo, premio Nobel; Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Leonardo Sciascia, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Vitaliano Brancati e altri ancora, senza dimenticare altri massimi esponenti del cinema italiano. […] 0050.testo.indd 16 01/12/21 14:43 17 Tutti noi dobbiamo essere orgogliosi del nostro sangue siciliano. Per tal motivo qui a Salina, la terra dei miei nonni, mi emoziono fino al più profondo dell’animo, «fino al midollo delle ossa». Sto appoggiando i piedi sulle mie radici. […] Mi incammino da solo passeggiando per queste valli, godendo la vista del suo lussureggiante verde, dei suoi fiori profumati, fermandomi spesso per raccogliere questa terra con le mie mani, stringendola e strofinandola con amore. Rubo furtivamente qualche chicco d’uva, masticandolo lentamente, pensando che questi erano gli stessi sapori di cui godevano i miei nonni. […] Sono stato a visitare la loro antica casa, a Valdichiesa, dove sono anche entrato in chiesa per pregare a modo mio. […] Signor sindaco e autorità tutte, ringrazio infinitamente dell’onore che mi avete concesso. La vita è stata benevola nei miei riguardi: per il mio lavoro di cardiochirurgo ho avuto molte soddisfazioni e molti riconosci menti. Però, dovete credermi, ciò che avete organizzato qui oggi per me, ha un sapore molto speciale, diverso e particolarissimo, molto profondo. Per questo motivo dico grazie, tante grazie, a nome di tutta la mia famiglia”.
Salina è la punta di una matita che emerge discreta e inca stonata come una gemma tra le Eolie, il suo cono è festosa mente addobbato di tinte, sfumature e fragranze. Cactus abbarbicati sulla roccia dipinta di viola, tra arbusti e palme, ulivi e cespugli che si succedono a gelsi e bougainvillee, capperi e cedri, fronteggiando orgogliosamente il pennacchio di Stromboli. La percorre, adagiata tra le pareti vulcaniche, un’unica strada che cinge la terra e unisce Santa Marina a Malfa, sino a Leni, attraversando la mite Valdichiesa, dove avevano vissuto i suoi avi. La nonna gli aveva insegnato a vedere la bellezza anche in un ramo secco, il nonno era stato capace di avviare allo studio tutti i suoi figli nonostante i molti e umili lavori da emigrato: operaio, ambulante, calzolaio, custode in un magazzino, portinaio di uno stabile. 0050.testo.indd 17 01/12/21 14:43 René aveva espresso molte volte il rammarico di aver ricevuto, per la sua luminosa carriera, decine di titoli e onori da tutto il mondo, eccetto che dall’Italia. Per lui non si trattava di colmare una lacuna, ma di certificare le sue origini. Di essere accolto, abbracciato da quella che non aveva mai smesso di considerare la sua patria. Adesso poteva lasciarsi rapire da quell’atmosfera esaltante, in uno dei giorni più belli della sua vita. In quelle ore il suo cuore era irradiato dalla gioia incontenibile per l’ennesima onorificenza, cui teneva più di ogni altra perché ancora una volta lo celebrava come uno straordinario cardiochirurgo, ma – finalmente e soprattutto – come un italiano.