Francavilla. Da Giuseppe Bucalo, presidente dell’associazione “Penelope”, riceviamo e pubblichiamo: “Dopo poco più di 3 anni ci ritroviamo qui a ricordare a tutti, noi compresi, che le parole possono essere pietre se usate sotto la spinta della paura, del pregiudizio o dell’intolleranza. Da qualche giorno abbiamo ripreso a sentire parole di disprezzo, accuse e minacce nei confronti di ospiti, operatori e responsabili della casa-famiglia L’Eccezione, come tre anni fa. Non è che queste parole avessero mai smesso di essere pronunciate, ma il loro tono era tornato ad essere basso e appannaggio solo di pochi irriducibili. Cosa è accaduto? Che un figlio di questa splendida e martoriata Valla d’Alcantara, ospitato per un anno dalla casa-famiglia e libero da alcuni mesi, vittima come tanti altri giovani (e meno giovani) del territorio dell’abuso d’alcol, si è trasformato, in un pomeriggio afoso di agosto, in una sorta di Rambo aggredendo senza (o per futili) motivi diversi cittadini ed esponenti delle forze dell’ordine. Basterebbe guardarsi un po’ intorno e girare nelle serate brave alcantarine, per capire quanto questo fatto sia purtroppo frequente, e coinvolga decine di giovani. Invece di riflettere su questa piaga che attraversa trasversalmente tutti i paesi e le classi sociali, molti hanno pensato bene di individuare nell’associazione e nella casa-famiglia, l’origine e la colpa di tali azioni e di tutti i danni derivanti. Certo trovare capri espiatori può essere utile a chi non vuol vedere quanto accade intorno a sè. Piace a tutti dipingere la propria cittadina come un’oasi di pace ma, purtroppo, crediamo che la realtà di Francavilla sia molto più complessa e contraddittoria di quanto questi cittadini vogliono vedere. Non sono certo i nostri ospiti ad attentare alla tranquillità di questo paese. Quanto è successo in questo ultimo periodo a Francavilla di Sicilia dovrebbe far riflettere quanti vedono i mostri nelle persone che ospitiamo e sono incapaci di vedere i mostri che la comunità accoglie al suo interno. Noi oggi ci sentiamo di essere solidali con tutti coloro che sono stati colpiti ingiustamente nella loro anima e nel loro fisico. E fra questi per primi i cittadini di Francavilla aggrediti, le forze dell’ordine, ma non dimentichiamo quel giovane, che dovrà nuovamente passare quel percorso di denigrazione e pena che è l’ospedale psichiatrico giudiziario. Siamo solidali e sentiamo di non essere riusciti a far abbastanza e che non si fa abbastanza per i giovani del territorio, spesso confusi, disorientati e fragili e che si rifugiano nell’alcol e da questo vengono guidati fuori strada. Avremmo voluto impedire la paura, il dolore e le ferite che ha inferto fra i fumi dell’alcol; avremmo voluto evitargli la reclusione e la perdita di libertà; ma soprattutto non avremmo voluto vedere la folla fuori della caserma dei carabinieri ammassata e divisa fra curiosità e voglia di linciaggio. Avremmo voluto non sentire di nuovo le minacce, le accuse ingiuriose e i ragazzini dietro la porta tutta la notte a disturbare e inveire, urlando che dobbiamo andar via. Qual è la nostra colpa ? Quella di aver ospitato il mostro per un anno a Francavilla senza che niente succedesse ? Quella di averlo ospitato una notte da libero cittadino perché ci aveva chiesto aiuto per poter iniziare un percorso di disintossicazione dall’alcol? Quello di non averlo trattenuto in casa, quando ha deciso di lasciare l’accoglienza ritenendo l’alcol, come tanti, come l’unico suo medicamento e amico? E perché allora non prendersela con chi gli ha venduto o offerto l’alcol? Oppure prendersela con i suoi genitori che lo hanno messo al mondo? Sappiamo che abbiamo bisogno di colpevoli, specie quando le colpe sono ben più ampie e coinvolgono tutti. Per la legge il giovane è responsabile delle sue azioni e pagherà per questo. Per noi quello che è successo deve interrogare tutti su cosa e come fare per evitare che l’alcol, l’emarginazione, la fragilità personale legata alla propria storia personale e familiare, rubi la nostra e altrui umanità. Per questo invitiamo tutti i cittadini solidali e di buona volontà ad unirsi a noi in questa lotta per ridare dignità e speranza a chi non ne ha o l’ha persa. Persone disperate mettono in atto azioni disperate. La casa-famiglia L’Eccezione, il centro Lilliput e la sua mensa sociale cercano di essere un antidoto alla disperazione, offrendo aiuto concreto e speranza a chi si sente ed è alla deriva. Chiediamo ad ognuno di voi, e per primi a noi stessi, di deporre le parole/pietre e di affrontare i problemi reali delle persone, con solidarietà e sensibilità, offrendo risposte concrete a bisogni concreti. Vi chiediamo di togliere l’alibi e l’autorizzazione ad agire in vostro nome, a coloro che usano le loro parole come pietre e/o la violenza come forma di sopraffazione. Vi chiediamo di unirvi a noi nel dire no ad ogni violenza, sia quando arriva da giovani fragili ubriachi, che quando alberga in cittadini che fanno dell’occhio per occhio la loro legge di vita. Perché come diceva Gandhi: Occhio per occhio… e il mondo diventa cieco. Grazie. I volontari, gli operatori e gli ospiti dell’associazione Penelope”.