Taormina. La Fondazione “Giuseppe Mazzullo” di Taormina, presieduta egregiamente da Antonio Lo Turco, promuove un importantissimo grande evento di arte contemporanea con la mostra “Il Gruppo di Scicli” (a cura di Lucio Barbera), in programma dal 17 luglio al 30 agosto presso la sede di Palazzo Duchi di S. Stefano. I maestri del gruppo, fondato e guidato dal mitico Piero Guccione, sono: Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Salvatore Paolino, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Franco Sarnari e Pietro Zuccaro. Gli artisti esporranno 45 opere della loro ultima produzione artistica. “Che la mostra di Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Salvatore Paolino, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Franco Sarnari e Pietro Zuccaro, per la prima volta insieme a Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, non sia una personale, è evidente – ha spiegato Lucio Barbera – ma a guardare le opere può sembrare una collettiva, dato che ciascun artista, non solo ha una propria e ben precisa identità, ma svolge un suo singolare discorso, motivazionale, stilistico ed espressivo. Dalla discrasia tra ciò che sembra (una collettiva) e ciò che non è (una personale), voglio prendere le mosse, per tentare di dire ciò che è. Il Gruppo di Scicli è un insieme di artisti che per traiettorie e motivi diversi cominciano a frequentarsi motivati da comuni interessi per la pittura e la scultura e, nello stesso tempo, disponibili a partecipare ai processi di animazione culturale della città – ha concluso Lucio Barbera – insieme ad alcuni amici che avevano dato vita al Movimento Culturale Vitaliano Brancati”.
Piero Guccione e Franco Sarnari si incontrano e si frequentano fin dalla metà degli Anni Cinquanta. Si ritroveranno a Scicli nel 1971. Franco Sarnari si stabilisce nella campagna iblea mentre Piero Guccione, nel corso degli Anni Settanta, pur abitando a Roma, si ferma a dipingere per molti mesi nell’isola, dalla tarda primavera fino all’autunno inoltrato nella sua casa di Punta Corvo, davanti al Mar Mediterraneo. Alla fine degli Anni Settanta deciderà di stabilirsi in Contrada Quartarella tra Modica e Scicli con Sonia Alvarez, marsigliese, conosciuta a Parigi nel 1976, sua compagna. Una decisione coraggiosa quella di abbandonare i centri metropolitani dove l’effervescenza culturale e artistica era di gran lunga superiore e dove i riconoscimenti erano stati notevoli e significativi. Franco Polizzi e Carmelo Candiano, di una generazione più giovane, finita l’Accademia di Venezia, decidono, tra il 1978 e il 1980, di tornare a Scicli. Nello stesso periodo molti sono gli incontri in casa Guccione a Punta Corvo per creare un movimento culturale che potesse incidere sul territorio. Nel 1980 si costituisce formalmente il Movimento Culturale “Vitaliano Brancati”. L’uscita ufficiale avviene nel contesto degli Incontri d’Autunno, una serie di iniziative culturali organizzate con il “Giornale di Scicli”, il foglio locale al suo terzo anno di vita, con una mostra di Piero Guccione dedicata al carrubo, simbolo degli iblei. Nel 1981 si svolgono le marce per la pace per contrastare l’installazione dei missili Cruise alla base Nato di Comiso, per l’occasione Franco Sarnari sperimenta le prime Cancellazioni sfigurando le cartoline di alcune città siciliane a voler evocare i disastri della guerra. Il 1981 è l’anno in cui Franco Polizzi realizza una grande tela con l’immagine della città di Scicli commissionata dall’Amministrazione comunale per l’aula consiliare. Nel frattempo arriva l’invito per una mostra alla Galleria La Tavolozza di Palermo intitolata Ombre e Luci del Sud alla quale partecipano: Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Piero Guccione, Franco Polizzi e Franco Sarnari. È in occasione di quest’esposizione che Luca Liguori intervista Renato Guttuso, le cui considerazioni rafforzano la coscienza del Gruppo. Nel dicembre del 1982 Guccione individua alcune ragioni dell’esistenza isolana come un “necessario e vitale meccanismo di difesa messo in atto per tentare ciascuno di ricostruire la propria identità contro l’invadenza alienante della cultura di consumo”. Fare gruppo non significa sentirsi legati da enunciazioni di poetica ma dichiarare il valore dell’individualità, la libera e personale ricerca di ognuno espressa in opere di qualità. In occasione della mostra Ibla Mediterranea che si tiene a Modica nello stesso anno e alla quale espongono Sonia Alvarez e Piero Guccione, si fa notare Giovanni La Cognata che nella primavera dell’anno successivo, espone a Ragusa insieme a Candiano e a Polizzi. Nello stesso anno vengono guardate con attenzione le opere di Salvatore Paolino, di Piero Roccasalva e di Guglielmo Puzzo. Il viaggio in nove città siciliane tra l’estate del 1989 e la primavera del 1990 ne è una testimonianza. Il Gruppo espone a Donnalucata, Siracusa, Sciacca, Palermo, Marsala, Catania, Messina, Enna, Vittoria. È l’occasione per trovare le ragioni per questa realtà figurativa: lasciare le metropoli e riappropriarsi di un rapporto privilegiato con la natura come sede di una storia rallentata. I percorsi di ciascuno degli artisti che fanno parte del Gruppo di Scicli sono molto diversi vuoi per esperienze generazionali, vuoi per formazione. Nel 1991 arriva l’invito a esporre a Santa Sofia di Romagna per la XXXV Edizione del Premio Campigna. Viene deciso di partecipare con un gruppo allargato di quattordici artisti (Alvarez, Candiano, Caruso, Chessari, Fiorilla, Guccione, La Cognata, Lissandrello, Paolino, Polizzi, Puzzo, Roccasalva, Sarnari). Si fa strada l’idea di proporsi come gruppo aperto. Molti critici cominciano a guardare con interesse alle singole personalità del Gruppo: Tassi, Crispolti, Giuffrè, Trombadori, Del Guercio, Sgarbi, Vallora, Dalai, Emiliani, Bossaglia, Troisi, Berbera. Una verifica dei mutamenti della pittura dei singoli artisti con il trascorrere degli anni si ha in occasione delle due mostre palermitane del 1997 alla galleria ’61 e a Villa Trabia e, nel 1999, alla Galleria Marieschi di Monza. Nel frattempo si scoprono nuovi talenti. Franco Sarnari, nel corso dell’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Catania nota due studenti: Piero Zuccaro e Giuseppe Puglisi. Il primo realizza una pittura materica, mediante la quale trasfigura alcuni brani della città di Catania, il porto, le navi, i riflessi delle imbarcazioni sulla superficie dell’acqua, le stanze della sua casa. Il secondo, con un fare pittorico che coniuga grafia e sapienti impasti cromatici, affronta immagini della città con una attenzione verso Sarnari e a Tornabuoni. Tra il 1998 e il 1999 viene notato Giuseppe Colombo. Aveva frequentato l’Accademia a Roma ma, subito dopo, torna a Modica. Nel 1999 partecipa insieme a Piero Guccione, Franco Sarnari e Piero Roccasalva alla realizzazione del Tondo per la volta del Teatro Garibaldi a Modica e, viene considerato, oggi, uno degli esponenti giovani di maggior talento del Gruppo di Scicli. Al 1999 risale la partecipazione alla mostra Opere Insieme presso Palazzo Mormino di Donnalucata a cui si aggiunge anche Sandro Bracchita con delle opere incisore. Iudice espone con il Gruppo in una mostra a palazzo Spadaro nel 1994 e la sua presenza si fa più assidua tra il 1999 e il 2000. Negli ultimi anni si è unito lo scultore Rosario Antoci. Nel 2004 si tiene a Catania la mostra a Le Ciminiere con quindici artisti (Alvarez, Antoci, Bracchitta, Candiano, Chessari, Colombo, Guccione, Iudice, La Cognata, Lissandrello, Paolino, Polizzi, Puglisi, Sarnari, Zuccaro). La mostra a Catania aveva il significato di consolidare il rapporto tra questo gruppo di artisti e la Sicilia e quello di confermare una realtà che, a buon diritto, s’impone come presenza significativa nel panorama figurativo italiano. Ad Assisi, nell’autunno del 2006, presso la Sala dei Beni Culturali Cappuccini sono in nove: Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Salvatore Paolino, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Franco Sarnari, Piero Zuccaro, un appuntamento che conferma l’aspetto più esaltante dell’avventura del Gruppo che, come scrive Pier Luigi Neri: “ripete quello stesso miracolo d’equilibrio, con immutata passione, decennio dopo decennio, generazione dopo generazione, quasi svolgendo un filo di ispirazioni e di memorie locali che sanno diventare linguaggio nazionale ed europeo a tutto tondo”.