Taormina. Tre corti potenti. Tre luoghi dell’anima in una Sicilia intensa (Palermo, riviera jonica messinese e Catania). Tre storie raccontate in maniera poetica. Alla fine, il cuore esplode e con lui l’applauso di consenso.
Giovedì 1° luglio al Palazzo dei congressi un pomeriggio pieno di emozioni per la 67esima edizione del Taormina Film Fest grazie alla Sicilia Film Commission e alla Fondazione Taormina Arte Sicilia. La proiezione dei tre cortometraggi scelti è stata attenta ed esemplare: La bellezza imperfetta di Davide Vigore, con Melino Imparato e Victoriya Pisotska, produzione Labirinto visivo; Scharifa di Fabrizio Sergi su soggetto di Nino Ucchino, realizzato in partenariato con l’associazione Penelope, con Khadija Amzil, mediatrice culturale giunta in Italia dal Marocco, il catanese Guido Vittorino e Cettina Sciacca, attrice e regista teatrale e Omar Kamissoko, giovane di origini somale da molti anni in Italia, prodotto da La zattera dell’arte; Salviamo gli elefanti di Giovanna Brogna Sonnino, con Lucia Sardo e Tony Vasques, produzione Giuseppe Consales.
Il primo corto si svolge tra le vie di una Palermo oscura; il protagonista Girolamo, un uomo di circa sessantacinque anni, cocainomane, magnaccia, giocatore d’azzardo, vive il rapporto con le donne in maniera conflittuale finché incontra Victoria, ragazza bellissima, proveniente dall’Ucraina, dallo sguardo limpido e impaurito. La giovane giunta in Italia in maniera clandestina è condannata alla prostituzione. Girolamo se ne innamora la sua timidezza lo riporta indietro nel tempo al suo primo rapporto, ai suoi sedici anni e il riscatto di una vita sarà la sua coraggiosa scelta finale.
In un paesino della riviera jonica messinese, esattamente Santa Teresa di Riva, tutti attendono il debutto di una commedia pirandelliana. Alla prima il teatro è affollato ma l’attore principale sta male. Il direttore nell’accompagnarlo a casa minaccia Scharifa, una donna marocchina tuttofare che lui sfrutta da tempo, di licenziarla se non riuscirà a tenere il pubblico in sala. Scharifa dopo tutta una vita di dolore e sacrifici con quel lavoro riesce a mandare i figli a scuola e spera in un futuro migliore almeno per loro. Un corto neorealista che spiega tutto attraverso il muto dialogo tra Omar e la luna.
Il terzo cortometraggio si dipana nell’affascinante centro storico di Catania. Agata una povera donna delle pulizie analfabeta incontra per caso un ragazzino che si è perso e vive in un mondo tutto suo. I due diversi per età, per ceto sociale, persino per lingua – lei parla il siciliano, lui l’inglese – si aprono l’uno all’altra, si capiscono con gli sguardi e condividono un pezzo di vita riscoprendo sé stessi e ritrovando fiducia in un mondo che non li comprende e forse neanche li accetta. Siamo rimasti appagati di queste storie, di come sono state profondamente narrate e messe sullo schermo, dalla scelta del tema che accompagna come un fil rouge questi brevi ma immensi capolavori: l’inclusione sociale, il dialogo con l’altro diverso da noi ma proprio per questo arricchimento umano è un valore, un grande valore.
Sono questi i film che vorremmo sempre vedere in un festival che si svolge in una terra luogo di frontiera, di culture che si intersecano, di dominazioni che si accavallano, crogiolo di idee, credenze che si incontrano e sovrappongono.
Milena Privitera