Taormina. Sebastiano De Luca, presidente di Confindustria Sicilia Alberghi e Turismo, è stato tra i protagonisti all’incontro con il magistrato Nicola Gratteri organizzato nei giorni scorsi in una nota struttura ricettiva della città da Antonella Ferrara, direttore delle Librerie Bucolo. “Sono molto lieto di partecipare a questo meeting – ha spiegato De Luca durante il suo intervento – perché mi dà l’opportunità di ascoltare persone impegnate, in prima linea, contro la criminalità organizzata. Ho avuto modo di leggere le interviste di Gratteri, di ascoltarlo in alcune trasmissioni televisive e di apprezzare la sua lucida analisi sul tema della lotta alla ‘ndrangheta. Nel libro di Gratteri dal titolo La Malapianta, la parte di conversazione che ho personalmente apprezzato, riguarda il rapporto straordinario, meraviglioso che Gratteri aveva con i suoi genitori. Le sue radici, il legame profondo con la sua terra, l’importanza del sacrificio, la correttezza, la linearità nei rapporti, l’onestà e l’amore verso il prossimo. Valori tutti ereditati da Gratteri e che oggi sono molto rari da riscontrare nelle nuove generazioni. Altro argomento trattato nella conversazione del magistrato con Antonio Nicaso è quello relativo al tema Confindustria e Legalità. Legalità, rispetto delle regole e lotta alla criminalità sono la missione di Confindustria. Il protocollo di legalità firmato a Milano il 10 maggio scorso dal Ministro dell’Interno Maroni e dalla presidente di Confindustria Marcegaglia vuole estendere a tutte le imprese italiane, con la copertura e il supporto dello Stato, il patto sottoscritto ormai tre anni fa da Confindustria Sicilia, secondo il quale chi paga il pizzo sarà espulso dall’Associazione. L’aver previsto nel codice etico l’espulsione di quei soci che non denunceranno le estorsioni subite ha contribuito a ridurre quel diffuso strato di tolleranza e di indifferenza nei confronti della mafia in favore di una nuova idea del futuro, che permea strati importanti della classe dirigente meridionale, che ritiene che il Mezzogiorno non possa più avere la possibilità di riscattarsi e che la mafia non è più un destino storico. Per cui, da imprenditore, vorrei affrontare il nesso sviluppo-legalità in termini strettamente economici, senza voler tralasciare la dimensione etica del problema e l’ingrediente della passione civile che deve poterla accompagnare. In questa ottica, abbiamo la necessità di ripristinare due fondamentali aspetti del problema: da un lato le regole, dall’altro il mercato. Occorre che tutti ci convinciamo che le regole non sono un vincolo all’attività di impresa, ma sono la cornice necessaria dentro la quale l’attività d’impresa trova certezze e tutela dei diritti. Il mercato non è un luogo dove ci si sbrana a vicenda, un luogo dove vince chi è più spregiudicato. Il mercato, quando è coniugato dalle regole, è un luogo in cui vince il migliore e il migliore crea ricchezza. Il migliore per vincere è costretto a innovare a investire, a mettere in discussione continuamente la sua attività e il suo modello di business. Ecco perché regole e mercato sono la precondizione affinchè legalità e sviluppo possano coniugarsi. Le mie considerazioni partono da un’interpretazione di quello che è successo e sta succedendo oggi in Sicilia e nel Mezzogiorno. Il sistema imprenditoriale si è profondamente trasformato negli ultimi anni per alcune ragioni economico-culturali, per lo sforzo di alcune persone e di alcuni uomini, per il buon lavoro svolto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Siamo in una fase in cui vecchio e nuovo convivono, perché le trasformazioni non sono mai, nel breve termine, radicali. Ed è una trasformazione che scaturisce da grandi spinte che vengono dalla mobilità internazionale e coinvolgono anche le dimensioni locali ed economicamente marginali. Una grande questione è quella culturale. La cultura è l’unica arma di riscatto: inizia così la prefazione del libro La Malapianta. La mafia, la criminalità organizzata, ha una sua sovrastruttura ideologica: crea miti, crea codici culturali perché ha bisogno di consenso ed il consenso lo trova in quell’approccio cinico, un po’ straccione, che ha sempre considerato che le condizioni del Mezzogiorno fossero immutabili, quasi una sorta di antica sapienza dove alla fine nulla può cambiare, dove non c’è spazio per nuove prospettive, per visioni di cambiamento e sviluppo. Parlando di interessi, dove c’è la mafia non c’è innovazione, non c’è efficienza, non c’è mercato, non c’è la possibilità di misurarsi sul mercato e quindi ci sono interessi che, per la prima volta nella storia meridionale, si trovano in contrasto oggettivo con la dimensione pervasiva della mafia. A questi interessi si aggiunge la riscoperta della passione civile che credo sia il segnale più importante che viene oggi dal Mezzogiorno: riscoprire l’idea di una dimensione pubblica, delle regole come elemento che rende la nostra società più giusta, più competitiva e più responsabile. Tutto questo sta cominciando lentamente a diventare patrimonio del mondo imprenditoriale, almeno nella sua espressione più avanzata. Stiamo cercando di coniugare interessi e passioni, interessi e dimensione etica e questo credo che sia la miscela che sta rendendo forte questa fase storica. Non stiamo portando avanti solo una rivolta etica, doverosa nella nostra condizione sociale ed economica, ma una rivolta che si somma alla consapevolezza che i nostri interessi oggi sono totalmente conflittuali con quella dimensione assistenziale, parassitaria, con quella cultura della rendita che impedisce al Mezzogiorno di fare un salto in avanti. Penso, innanzitutto al coraggio delle iniziative portate avanti dalle tante Associazioni antiracket, come quella rappresentata da Antonella Ferrara e Giuseppe Scandurra. Qusto evento ci rende particolarmente fieri, perché testimonia l’attenzione ed il sostegno che l’opinione pubblica sta prestando a quello che noi, insieme al resto della società civile, stiamo facendo nel nostro Paese. Non vi era stato mai, almeno a mia memoria, un appoggio così forte ad una iniziativa che viene da un pezzo della società meridionale. Questo mi sembra, più che un riconoscimento per la nostra azione che, ricordo, è solo all’inizio: l’idea che anche l’Europa – ha concluso De Luca – di fronte a progetti con un forte contenuto etico, una forte passione civile ed una visione responsabile di cambiamento e sviluppo, sostenga la nostra profonda voglia di unità e partecipazione”.