Giardini. “Donne e legalità”: è stato il titolo di una tavola rotonda che ha avuto luogo nei giorni scorsi al cine-teatro comunale, nell’ambito del convegno “La città delle donne”. Al meeting hanno partecipato: Orazio Faramo (provv. Amministrazione Penitenziaria Regione Sicilia), Giusi Irrera (direttore Ufficio detenuti e tratt. Prap di Palermo), Clelia Fiore (responsabile del coordinamento provinciale delle associazioni antiracket), Adriana Laudani e Santina Mondello (entrambe componenti dell’Associazione Rita Atria) e la taorminese Antonella Ferrara (vicepresidente dell’Associazione Antiracket e antiusura Valle Alcantara). L’incontro è stato egregiamente moderato dal collega della “Gazzetta del Sud”, Emanuele Cammaroto. Particolarmente apprezzato è stato l’intervento di Antonella Ferrara, che oltre a ricoprire l’incarico di vicepresidente dell’Associazione locale antiracket, è anche vicepresidente della sezione cittadina della Fidapa e valido punto di riferimento culturale per Taormina e hinterland.
“L’Associazione Antiracket e Antiusura Valle Alcantara, di cui sono vice presidente – ha spiegato Antonella Ferrara durante il suo intervento – è stata istituita nel mese di febbraio del 2001 da un gruppo di imprenditori e commercianti stufi di assistere impotenti all’imposizione del pagamento del pizzo o alla rovina di operatori economici strozzati dall’usura. Le associazioni antiracket si costituiscono sul modello di quella di Capo D’Orlando nata nel 1990, costituita dall’imprenditore Tano Grasso, il primo commerciante a ribellarsi alle richieste dei mafiosi e a rispondere con l’organizzazione delle vittime e con la denuncia, adesso presidente onorario della Federazione Antiracket Italiana. La nostra associazione conta circa 80 associati e comprende il territorio della Valla Alcantara (Francavilla, Gaggi, Graniti, Mojo) oltre ai Comuni di Giardini Naxos (sede dell’associazione), Taormina e Letojanni. Uno dei fini principali dell’associazione è quello di sostenere gli imprenditori e i commercianti che subiscono il racket delle estorsioni, che pagano il pizzo o che sono vittime dell’usura utilizzando gli strumenti legislativi dello stato per offrire un aiuto concreto, perché il peggior nemico di queste persone spesso è la solitudine. Con la nostra presenza e la nostra azione sul territorio cerchiamo di sensibilizzare gli operatori economici alla difesa del diritto a lavorare nella legalità, incoraggiando alla denuncia perché se si denuncia in tanti, nessuno sarà oggetto di rappresaglia, infatti chi ha denunciato attraverso le associazioni non ha subìto violenze o ritorsioni. E’ l’omertà che alimenta il crimine mentre andrebbe diffuso il principio dell’insostituibilità della legge dello Stato quale unico presidio del vivere civile. A proposito di leggi. La legge 108 del 1996 e la legge 44 del 1999 disciplinano il Fondo di Solidarietà a favore delle vittime dell’usura e del racket delle estorsioni e il Fondo di Prevenzione Usura. Il Fondo di Solidarietà viene disposto dal Ministero dell’Interno a favore degli operatori economici (imprenditori o commercianti) che denunciano, attraverso un mutuo decennale senza interessi per le vittime di usura e attraverso un’elargizione a fondo perduto per le vittime dell’estorsione, consentendo alle imprese di ripartire in tempi brevissimi. La domanda di accesso al Fondo, che può essere presentata attraverso la nostra associazione, determina la sospensione dei termini esecutivi a carico della persone (vedi eventuali pignoramenti da parte delle banche). Molti hanno già ottenuto questo aiuto, per questo denunciare conviene. Il Fondo di prevenzione usura invece, è disposto dal ministero dell’Economia ed è destinato a tutte quelle persone che versino in condizioni economiche disagiate, tali da poterle indurre a rivolgersi all’usura. E quindi non più soltanto imprenditori e commercianti ma anche pensionati, casalinghe, etc. A questo punto è necessario fare una distinzione tra le due tipologie di reato, il racket e l’usura. Il racket è un fenomeno tipicamente mafioso, diffuso soprattutto nel Mezzogiorno, mentre l’usura ha a che vedere con i problemi dell’indebitamento (dovuti anche alla crisi economica) e ha una diffusione omogenea sul territorio nazionale. Ci sono tuttavia dei tratti in comune che consistono nel fatto che entrambi i fenomeni colpiscono prevalentemente le imprese e quindi limitano la libertà di impresa: negli ultimi anni i soldi raccolti con le estorsioni vengono sempre più spesso impiegati per l’apertura di imprese cosiddette pulite. A partire dal pizzo nasce l’impresa mafiosa e quindi paradossalmente il commerciante che paga il racket finanzia il proprio suicidio economico perchè con un’impresa mafiosa è impossibile la concorrenza. Per i piccoli e piccolissimi operatori economici la paura è l’elemento dominante che alimenta il circolo vizioso, ma quando cresce la dimensione dell’impresa la paura non basta a spiegare. In questo caso interviene la convenienza, soprattutto in quelle aree dove la mafia è il soggetto che regola il mercato. In un caso quindi attraverso il pizzo la mafia controlla la vita delle imprese, l’economia, la vita del territorio; nel secondo caso, l’estorsione è limitata alla riscossione del denaro, tutto finisce lì. Ma l’arretratezza culturale che esiste nel nostro Paese consiste proprio nella sottovalutazione del fenomeno. Come si fa a non capire che la mafia è nemica mortale delle imprese e della libertà delle imprese La mafia non è un soggetto del mercato, è la negazione del principio del libero mercato, la mafia non è il soggetto forte. Bisogna sapere che se la mafia si fosse fondata solo sulla paura, a quest’ora… sarebbe stata sconfitta. La difficoltà di sconfiggerla dipende dal consenso attivo o passivo di larga parte della gente, la tragedia del nostro paese è che si parla di mafia solo quando avvengono fatti clamorosi, ma la mafia è quotidianità e in questa dimensione va combattuta giorno per giorno a partire dai piccoli gesti. Sciascia indicava la vera alternativa: la trasformazione delle coscienze, quella che porta, ad esempio, il commerciante a denunciare il pizzo: per questo è importante combattere il racket. Ma la nostra associazione ha tra i suoi scopi anche quello di promuovere il valore della legalità nelle scuole attraverso un progetto denominato Comunichiamo la legalità. L’intento è cercare tutte le forme possibili affinché in ogni ambito della vita sociale sia presente il valore del rispetto della legge. Poiché tanto più alto è il livello di conoscenza, tanto maggiore è la possibilità di non cadere nelle trappole del degrado ambientale e sociale. Cerchiamo in particolare di informare e formare i ragazzi sui momenti più significativi della nostra storia per dare loro gli strumenti adatti per ottenere una crescita sociale e un maggiore senso di appartenenza alla comunità. Il nostro, infatti, è un territorio solo apparentemente tranquillo, molto diverso cioè da realtà tragicamente note per fatti di mafia; ma i fatti di sangue che a volte accadono e la stessa tipologia di reato a cui questi appartengono, ci fanno capire come invece la criminalità organizzata sia operante in quasi tutto il nostro territorio. La scuola, agenzia formativa per eccellenza, può diventare essa stessa centro di aggregazione e di cultura aperta al territorio e i giovani possono diventare, essi stessi, promotori di nuove ed efficaci azioni culturali contro ogni tipo di malessere sociale che nasce dalla diffusione dell’illegalità.