Limina. Immaginate una mamma che lascia a casa una bambina malata di nove anni per andare in ospedale a partorire un altro figlio. Torna col neonato e, poche ore dopo l’arrivo del fratellino, la bimba malata muore. La gente di un piccolo paesino va a trovare quella famiglia per fare le congratulazioni alla mamma, Giovanna, per la nascita di Cateno, ma anche le condoglianze per la morte di Patrizia. E la mamma si alterna tra le necessità del neonato e gli ultimi sguardi alla figlia che non vedrà mai più e per la quale in nove anni ha fatto tutte le rinunce e sacrifici possibili. Sembra una scena venuta fuori da una sadica penna ed invece è realtà. Una realtà che quel bimbo di allora, Cateno Cannavò, ha deicso oggi, a 47 anni, di raccontare in un libro, “Storia di un’anima”. Meno di cinquanta pagine, intense e commoventi, che raccontano ciò che Cateno ha ricostruito attraverso i racconti della madre e della sorella maggiore, circa la sorellina “che non ho mai conosciuto ma la cui presenza ho sempre avvertito nel corso di tutta la mia vita”. Racconta anche la storia della propria famiglia dal 1949 al 1968 e, di riflesso, un profilo della Limina che era e dei valori che la ispiravano. La povertà in molte case, il contributo degli emigranti (come i suoi nonni), le strane vie tracciate dal destino, i rapporti umani allora, dove “tanti nostri amici venivano a guardare la televisione da mio papà e nessuno si scandalizzava se c’era la piccola Patrizia nella culla”. Cateno Cannavò parla anche del “sogno americano”, quando i suoi genitori furono chiamati a Greenwich dai nonni, ma le autorità non li facevano partire con la bambina in quello stato di salute ed allora decisero di restarsene in Italia, rinunciando ad un futuro certo per amore di una bimba che sapevano di perdere in pochi anni. Il lavoro di Cannavò è stato presentato venerdì scorso al Polifunzionale Scaldara, davanti a tantissimi liminesi. Dopo i saluti dell’assessore Filippo Ricciardi è intervenuta la direttrice della Pediatria medica d’urgenza del Policlinico di Messina, prof. Teresa Arrigo, che ha parlato delle difficoltà insite nella nascita negli anni ’50, molte delle quali sarebbero oggi prevedibili, soffermandosi sull’asfissia perinatale, il problema probabilmente avuto dalla piccola Patrizia. Il testo è stato presentato da Filippo Brianni, oltre che dallo stesso autore, il quale a Limina è stato anche consigliere e vice sindaco negli anni ’90 e da oltre un decennio è dipendente del comune di Pescate, una splendida cittadina adagiata sul lago di Lecco. Anche il sindaco di Pescate, Dante De Capitani ha voluto in qualche modo prendere parte alla cerimonia, incaricando la dipendente Francesca Biffi, in vacanza di Sicilia, di leggere un suo messaggio, che non aveva nulla di “rituale”, ma costituiva una vera e propria appassionata recensione del testo e dei valori che ne emergono, (“pagine cariche di ricordi, di sentimento e di viva commozione con pennellate di struggente malinconia e angoscia ma con una visione di speranze e di compiacenza per i grandi doni di rettitudine, moralità e rigore ricevuti dalla famiglia”). Ha chiuso il poeta locale Nino Rizzo con un proprio componimento ed una riflessione sulla famiglia e il rapporto tra fratelli di Rossella Rigano. Ad intermezzare gli interventi, il clarinetto di Antonio Calzone che ha accompagnato brani del libro letti da Nathalie Occhino, dalle stesse persone citate nel libro (Maria Biancucci) o da loro familiari (Giovanna Ragusa e Carolina Lo Giudice). “Storia di un’anima” era disponibile ad offerta libera e l’intero ricavato è stato devoluto in favore di una bimba liminese che sta affrontando un grave problema di salute.