Taormina. Countdown carico di emozioni per i lettori di David Grossman che da tutta la Sicilia si preparano ad incontrarlo a Taormina. «Ogni tua parola è caduta esattamente dove era attesa da anni», evoca la bella citazione tratta da uno dei suoi romanzi più sperimentali. E quello taorminese è l’approdo di un’appassionata vigilia che rompe un lunghissimo digiuno. L’incontro con lo scrittore israeliano si annuncia perciò come un autentico evento, e come tale è stato fortemente voluto da Antonella Ferrara, lungimirante presidente di Taobuk (felice contrazione di Taormina Book Festival), che si è assicurata in esclusiva per la Sicilia la partecipazione di uno tra i massimi scrittori viventi. L’appuntamento è per martedì 23 giugno alle ore 20 nell’aristocratica cornice della Sala Chiesa all’Hotel San Domenico, dove Grossman presenterà il nuovo romanzo “Applausi a scena vuota”, edito nel 2014 per i tipi di Mondadori. Il sindaco Eligio Giardina consegnerà all’illustre ospite una targa, realizzata in collaborazione con il Rotary Club Taormina, dall’eloquente dedica “A David Grossman, Narratore di vita, Testimone di pace”, quale omaggio che l’intera città vuole tributare ad un sommo artista che ha scelto la via dell’impegno civile e non ha mai smesso di battersi per una risoluzione pacifica dei conflitti in Medioriente. A condurre la conversazione sarà il prestigioso giornalista e scrittore Franco Di Mare, presidente scientifico di Taobuk (contrazione di Taormina Book Festival), mentre le letture, vista anche la teatralità del testo, saranno affidate ad un gigante della scena come Vincenzo Pirrotta, versatile attore, regista, drammaturgo. La Perla dello Jonio vivrà così un’esaltante anteprima in vista del festival che si svolgerà dal 19 al 25 settembre. «Non a caso – sottolinea Antonella Ferrara – il sottotitolo della serata è “Aspettando Taobuk”. La presenza di Grossman ci onora e ci permette di anticipare la tematica della quinta edizione, “gli ultimi muri”, incentrata sulle lotte passate e presenti contro le infinite declinazioni dell’intolleranza e delle sperequazioni sociali». Ad ogni nuova prova, e “Applausi a scena vuota” non fa eccezione, Grossman presenta aspetti inediti sul piano narrativo e stilistico. L’azione è in Netanya, piccola cittadina a Nord di Tel Aviv. Protagonista del romanzo è un comico. E come tutti i comici cela e dissimula una voragine tragica. «Ho meditato su questa storia – ha dichiarato Grossman – per oltre 25 anni, ma non sapevo in che modo raccontarla, quando improvvisamente mi è venuta l’idea di un’ambientazione “teatrale”, di un one man show affidato ad un cabarettista, uno stand-up comedian, per approdare ad una combinazione tra humor e horror, tra risata e tragedia». L’azione si apre sul palcoscenico deserto. «Signore e signori, un bell’applauso per Dova’le G.!». Il grido echeggia da dietro le quinte. Il pubblico in sala a poco a poco si zittisce. Un uomo con gli occhiali, di bassa statura e di corporatura esile, piomba sul palco da una porta laterale. Tra le sedie un intruso, trascinato fino a quella cittadina poco raccomandabile da una telefonata inattesa: è l’onorevole giudice Avishai Lazar, amico d’infanzia di Dova’le. Deve giudicare la vita intera di quello che, lo ricorda solo ora, era un ragazzino macilento e incredibilmente vivace, con l’abitudine stramba di camminare sulle mani, a testa in giù. Un bambino che da quella posizione riusciva ad affrontare il mondo. Un ragazzino che al campeggio paramilitare viene raggiunto dalla notizia della morte di un genitore e deve partire per arrivare in tempo al funerale. Ma chi è morto? Nessuno ha avuto il coraggio di dirglielo, o forse lui non ha compreso. Il giovane Dova’le ha un viaggio intero nel deserto per torturarsi con l’angoscia di un calcolo oscuro che gli avvelena la testa. Mio padre o mia madre? Ora eccolo, quel ragazzino, ancora impigliato nell’estremo tentativo di venire a capo di quella giornata lontana, ancora incapace di camminare dritto. Come sempre il linguaggio di Grossman s’impone per semplicità e pregnanza. «Ogni tua parola è caduta esattamente dove era attesa da anni”. La citazione, anticipata in apertura, esprime a perfezione l’aspettativa e la consonanza che i lettori avvertono accostandosi alle pagine di questo straordinario autore. Tratta dal romanzo epistolare “Che tu sia il mio coltello”, la frase pare anzi racchiudere la biunivoca necessità della scrittura: per colui che la crea e per quanti leggiamo quelle parole nuove, finalmente planate nei luoghi giusti del cuore e della mente.