Catania. “Il 26 novembre inauguro la nuova Stagione a 4 Stelle del Teatro Metropolitan di Catania con Liolà, in omaggio e in memoria del Maestro Accursio Di Leo, che ne fu insuperabile regista, insegnandomi a leggerne tutte le sue innumerevoli sfaccettature e che ora riprendo, con grande umiltà e affetto, trasmettendo i suoi immensi insegnamenti alla mia validissima Compagnia”: sono le parole del grande attore siciliano Gilberto Idonea. “Conobbi Accursio Di Leo (Caltabellotta, 1917 – Palermo, 1997) –spiega Idonea – quando lasciò il teatro ufficiale, quello professionistico, che non sentiva più vicino alla propria sensibilità, nel 1970, partecipando, con un piccolo ruolo, al suo spettacolo Sicilia, terra d’amuri, capitanato dall’allora ministro del turismo e spettacolo Lupis, rappresentato con successo a Filadelfia, New York, Boston e trasmesso dal Canale 49. Allora giovane attore non avrei mai supposto che vent’anni dopo sarei ritornato da protagonista, quasi ogni anno, in quegli stessi teatri dove ero stato con Accursio, e ogni volta una grande emozione mi assale prima dell’apertura del sipario ricordando il mio maestro, i suoi suggerimenti, il suo entusiasmo, la sua fierezza, la sua fiducia e la capacità di dare fiducia. M’insegnò ad amare il teatro, lui, che era un innamorato “pazzo” del teatro, una “pazzia” d’amore che durò tutta la sua vita, cimentandovisi come se fosse stato investito da una missione laica. Le sue regie sono state quelle dei miei migliori spettacoli (Lumie di Sicilia, ‘U sapiti com’è, Il berretto a sonagli, Liolà), perché mi suggeriva di spulciare sempre fra le pieghe dei testi, anche i più usurati, per non farli assalire dalla noia della consuetudine. Accursio era come Liolà, un uomo libero che è ricco delle piccole cose, un uomo generoso fino all’estremo, un altruista. Sempre pronto a mettersi in gioco, in un’età in cui molti si consideravano già arrivati. Non era un regista era un missionario. Con Liolà la nostra compagnia decollò e considerandoci maturi ci lasciò per cercare altri giovani da portare ad amare il teatro… la nuova linfa. Passarono gli anni… Una sera, forse fu l’ultima volta che lo vidi, stavo recitando al “Massimo” di Palermo e vidi Accursio Di Leo seduto in prima fila. Gettando lo sguardo in sala incontrai i suoi occhi e mi fece un sorriso dolcissimo, in pochi secondi lessi nel viso del mio maestro la gioia per la mia affermazione. Partecipava al mio successo con pudore e con umiltà, lui che aveva fatto nascere le più importanti istituzioni teatrali siciliane, dallo Stabile di Catania al Teatro Biondo Stabile di Palermo e se ne stava seduto come uno sconosciuto per il numeroso pubblico in sala. Allora decisi di fare una cosa che un attore professionista non farà mai, ma che io feci, essendo un guitto da strapazzo; mi fermai e interrompendo lo spettacolo dissi: Sto vedendo in sala il mio maestro, Accursio Di Leo, senza di lui non avrei mai fatto l’attore con amore e serietà, fino a farmi arrivare in questo teatro, quindi, vi prego, di unirvi al mio applauso di gratitudine e riconoscenza. Un’ovazione, calorosissima, si levò dalla sala. Accursio, allora settantasettenne, si alzò emozionato come un bambino al suo primo debutto, un breve gesto di saluto al pubblico con la mano mentre con l’altra, furtivamente, si asciugava una lacrima. Gli recitai allora il brano di Liolà che più amava:
Arsira mi curcavu a lu sirenu;
li stiddi foru ca m’arripararu:
lu litticeddu, un parmu di tirrenu;
lu chiumazzeddu, un carduneddu amaru.
Làstimi, fami, siti, cripacori:
chi mi nni ‘mporta, si sacciu cantari?
Cantu, e mi s’arricrìa tuttu lu cori;
cantu, ed è mia la terra e miu lu mari!
Basta ca cc’è lu suli e la saluti!
Picciotti beddi e picciliddi duci,
e ‘na vicchiuzza ccà, ‘comu a me’ matri!
Grazie Accursio”.