Catania. Non è bastato il tanto acclamato ritorno di mister Rolando Maran a cambiare le sorti del Calcio Catania, non è bastato uno stadio pieno di sostenitori pronti a tenere alti i colori rossazzurri. La netta superiorità della Fiorentina guidata da mister Montella ha gettato ancor più nel baratro le sorti di una squadra che non riesce più a venire a capo di una stagione al momento disastrosa: fischi, urla, insulti per gli 11 scesi in campo, epiteti pesanti per il presidente Pulvirenti, ed un coro all’unisono dal titolo “Cosentino chi è” che è rimbalzato da una curva all’altra. Una domenica da dimenticare, soprattutto se la partita è già chiusa nel primo tempo con il classico risultato di 0-3 e non si evince alcuna reazione nella ripresa. Tifosi delusi, molti abbandonano il “Massimino” dopo il duplice fischio, molti volti tristi e rassegnati, come se un sogno durato quasi otto anni sia arrivato inesorabilmente ai titoli di coda, come se il Catania dei record sia già stato collocato nel dimenticatoio comune ed una società in perenne silenzio stampa, autorizza i tifosi a fomentare dissensi di tutti i tipi. Match che era cominciato con i migliori auspici, etnei subito pericolosi, che provano a creare difficoltà alla difesa viola per circa 20 minuti, ma al 25’, il gol di Fernandez fa calare il gelo al “Massimino”, in un assordante silenzio che svuota i cuori dei ragazzi mandati in campo da Maran, permettendo a Matri di realizzare una doppietta nel giro di 10 minuti. Il secondo tempo sembra un copione già scritto, i viola scendono in campo come per disputare il più classico degli allenamenti del giovedì ed un Catania sfiancato e demotivato, non riesce nemmeno a sporcare i guantoni del portiere gigliato Neto. Difesa inguardabile, con un Alexis Rolin che forse doveva essere preservato in panchina a causa dei dolori alla spalla destra, un Giuseppe Bellusci che ritorna in campo dopo mesi di assenza e cerca di cavarsela come può, Nicolas Spolli irriconoscibile a causa dei suoi interventi duri scanditi dal nervosismo ed infine un Cristiano Biraghi incolpevole e vittima delle situazioni. Il centrocampo sembra trovare il suo ago della bilancia nella prestazione in chiaroscuro del neo acquisto Rinaudo, ma Jaroslav Plasil sembra ancora poco maturo per giocare senza le indicazioni di Francesco Lodi, mentre Mariano Izco fa il suo dovere da capitano, mettendo cuore e gambe che però sono poco sufficienti ai fini del match, sia in fase offensiva che in fase difensiva. Il reparto offensivo chiede ancora un leader da questo mercato di gennaio, insufficiente la prova di Castro che sembra estraneo e disorientato dal gioco, non è di meno Pablo Barrientos che invece di prendere per mano la squadra si innervosisce e rimedia il giallo che gli costerà la squalifica per il prossimo turno mentre, il “Toro” Bergessio nonostante la corsa ed i movimenti rimane ancora troppo isolato dal resto della squadra. Cosa fare allora? La salvezza rimane ancora un impresa e ne è l’emblema l’abbraccio del presidente Pulvirenti a fine partita a tutti i giocatori, abbraccio che ricorda i primi anni di cadetteria dopo un Catania-Mantova 0-3 quando tutto sembrava perduto ed il numero uno etneo abbracciò un Peppe Mascara quasi in lacrime a fine partita. Ma i ricordi non bastano e la situazione del Catania si complica ulteriormente, ultimo posto in classifica, 13 punti e -4 dalla quart’ultima, soprattutto se si pensa alla prossima trasferta contro l’Inter in crisi, undicesima trasferta a fronte delle dieci sconfitte rimediate da gli etnei. Situazione che si rivolge obbligatoriamente a queste ultime due settimane di mercato, dove gli operatori etnei, sono alla ricerca del tanto famigerato “vice Bergessio” che però non sembra l’unico rattoppo utile a fronte di una squadra che perde acqua da tutte le parti e rischia di affondare prima del dovuto.
Achille Teghini