Taormina. La nuova procedura ibrida per la cura dei bambini affetti da ipoplasia del cuore sinistro, introdotta da appena un anno al Centro Cardiologico Pediatrico Mediterraneo di Taormina, ha ottenuto il 100% di successo. In altre parole, tutti i pazienti operati finora al Ccpm con tale metodologia innovativa, che prevede il lavoro congiunto del cardiologo e del cardiochirurgo in sala operatoria, hanno superato senza problemi l’intervento, consentendo di ridurre drasticamente il rischio di mortalità legato a questa patologia. In un solo anno, il Centro diretto da Giacomo Pongiglione, di assoluta eccellenza in questo settore, ha effettuato ben 15 casi, un vero e proprio record, tutti andati a buon fine. Un “en plein”, questo, impensabile fino a qualche anno fa. Normalmente infatti, per l’ipoplasia del cuore sinistro, i pazienti vengono sottoposti ad un intervento palliativo diviso in tre stadi, utilizzando la tecnica di Norwood. In questi casi però, la mortalità, già al 1° stadio di intervento, è superiore al 30% e questo succede anche nei migliori centri cardiologici mondiali specializzati in tale tecnica. Si tratta, infatti, di una procedura esclusivamente chirurgica e quindi maggiormente invasiva e rischiosa. L’innovativo approccio, chiamato ibrido proprio perché è un misto tra il lavoro cardiologico e quello cardochirurgico, prevede invece un’azione più delicata e meno pericolosa per i pazienti. A presentare questo bilancio molto lusinghiero raggiunto dal Ccpm di Taormina, è stato Michele Saitta, cardiologo del reparto di cardiologia del Centro, diretto dal primario Paolo Guccione, di fronte alla numerosa platea del Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia Pediatrica che si è svolto a Iesi. “La nostra presentazione ha destato molto interesse tra i partecipanti –ha affermato Saitta – soprattutto tra i colleghi di altri Paesi che ci considerano all’avanguardia in questo settore. Al Centro Cardiologico Pediatrico Mediterraneo siamo del resto assolutamente convinti che questo tipo di operazioni, un’unione tra cardiologia e cardiochirurgia, sia il futuro di questa branca della medicina. Dato il successo dei nostri interventi non possiamo che considerare il metodo ibrido sicuro, soprattutto quando si parla di operazioni al cuore eseguite su bambini piccoli, a volte piccolissimi, di appena qualche chilo di peso, spesso appena nati. Adesso stiamo studiando la possibilità di estendere questo tipo di approccio anche ad altre patologie. Siamo dunque molto orgogliosi dei risultati raggiunti fino a questo momento e soprattutto fiduciosi che si possa sempre migliorare”. L’approccio ibrido ha inoltre introdotto un nuovo modello lavorativo, favorendo il dialogo e la condivisione delle problematiche tra cardiologi e cardiochirurghi nell’ottica di mettere a disposizione del paziente la migliore strategia per affrontare e risolvere anche i casi più complessi.