Taormina. L’Istituto comprensivo 2, che ha sede nella frazione taorminese di Trappitello e che è diretto dal dirigente Santi Albano, ha celebrato, in questi giorni, la memoria delle vittime di tutte le mafie. Il progetto legalità dell’istituto è stato arricchito quest’anno anche dal piano di studi denominato “Le(g)ali al Sud”, finanziato dal Ministero della Pubblica Istruzione con i Fondi Sociali Europei. L’insegnante, Rossella Siciliano, salutando tutti gli intervenuti, ha ricordato come la morte di ogni uomo, donna o bambino, impoverisce tutti. “La vita – ha affermato Rossella Siciliano – non può essere sacrificata all’odio, al fanatismo, alle logiche di potenza o agli egoismi economici e alle mafie”. I ragazzi del Consiglio comunale-baby dell’Istituto, insieme a tutti gli altri compagni, hanno voluto ricordare le vittime innocenti. L’alunna Lorenza Catanzaro (sindaco-baby) e gli assessori Enrico Frazzica, Chiara Calà e Simone Orefice, hanno raccontato, inoltre, la giornata vissuta a Milano, l’anno scorso, insieme a 150mila studenti di tutta Italia, ma, soprattutto, le ore trascorse accanto ai parenti delle vittime. I “consiglieri-baby”, Federico Cundari, e Fabiana Curcuruto hanno effettuato, inoltre, uno studio e una ricerca delle frasi più significative che in 15 anni di manifestazioni si sono proferite. Sono intervenuti, inoltre, i rappresentanti del mini consiglio: Mattia Tulino, Jessica Spina, Sofia Barbera, Laura Manuli, Erika Bonasera, Laura Galeano, Elena Grussu, Alessandro Schinocca e Irene Puglisi. Dopo le iniziative dei ragazzi, si sono registrati gli interventi del vicequestore aggiunto di Ps, Renato Panvino; del comandante della Guardia di Finanza di Taormina, Sergio Commendatore; del comandante della Stazione dei Cc di Taormina, Salvatore Vittorio; del comandante della Polizia municipale, Agostino Pappalardo; del vicesindaco Pippo Calabrò e del presidente dell’Acva, Giancarlo Moschella. Significativa la lettera di “un giovane ai giovani” che il tenente della GdF, Sergio Commendatore, ha scritto ai ragazzi per questa occasione. Come vivere la legalità nella vita quotidiana è stato l’argomento principale della missiva, che ha emozionato tutti coloro che in quel momento si trovavano in sala.
LETTERA DI SERGIO COMMENDATORE (COMANDANTE GDF TAORMINA).
“Cari Ragazzi, oggi, 21 marzo – ha spiegato il tenente Sergio Commendatore ai giovani dell’Istituto – si celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le Vittime di tutte le mafie. Questa che stiamo vivendo insieme è una giornata molto importante perché non è solo una giornata di ricordi del passato, di memorie degli eroi caduti per garantire la nostra libertà, il nostro benessere, la nostra democrazia, ma è un giornata di rinascita, di vita, di speranza e di lotta per un futuro migliore. Non a caso è stato scelto il 21 marzo, primo giorno della Primavera, la stagione dei profumi, delle meravigliose giornate in cui sbocciano i fiori e si risveglia tutta la natura. Noi tutti sappiamo, perché ne abbiamo sentito sempre parlare in televisione, sui giornali o su internet, chi sono Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, il Generale Dalla Chiesa. Non sono eroi, cari Ragazzi. O meglio, non volevano esserlo! Sono persone come noi, sono magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, gente normale che ha deciso di intraprendere una vita di sani valori, che ha deciso di essere libera e di non abbassare la testa di fronte ai soprusi della mafia, di stare dalla parte dello Stato e tutto ciò non per essere chiamati eroi, ma per permettere a noi tutti di vivere nella dignità, nella libertà, nella democrazia. Sapevano di rischiare la morte, ma nonostante ciò hanno continuato a lavorare, ancora più intensamente. E’ meraviglioso pensare quale forza d’animo possa donare il profumo della libertà, della democrazia, del vivere insieme in maniera civile. Queste poche persone hanno destabilizzato il sistema mafioso, lo hanno colpito duramente, lo hanno ferito. Ed erano in pochi, pochissimi, da soli, chiusi nella solitudine dei loro uffici. Immaginate quello che possiamo fare tutti insieme, quello che possiamo fare tutti i giovani se continuiamo questa battaglia che Falcone, Borsellino e tanti (ma pur sempre pochi) altri hanno iniziato. Giovanni Falcone era solito dire: Gli uomini passano, le idee restano e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. Ecco perché tutti insieme dobbiamo continuare a portare avanti queste idee di libertà, di lotta al sopruso, alla violenza, perché la mafia ha ucciso tanti uomini, cari Ragazzi, ma come vedete le loro idee oggi sono qui e noi ne siamo i testimoni. Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo, diceva Paolo Borsellino. La lotta alla mafia deve iniziare, da qui, da noi giovani, cari Ragazzi! Basta con questa mafia, con i soprusi, basta con il fare finta di niente, sono cose del Medioevo e non della nostra generazione: la generazione dell’I-Phone, di You Tube, di Facebook. Da noi, dai giovani, occorre ripartire da zero, annullare, cancellare, debellare, estromettere ogni pensiero, azione, omissione che possa favorire le organizzazioni criminali, dobbiamo riuscire a far sparire questo fenomeno semplicemente emarginandolo, escludendolo dalla nostra vita quotidiana, ma continuando pur sempre a parlarne. Noi giovani, soprattutto Noi Giovani Siciliani, possiamo permetterci di denigrare le mafie, di sbeffeggiarle tramite internet, di farle diventare nulla, nuddu ‘mmiscato cu nenti, noi abbiamo un potere immenso che non ha la politica. Qualcuno di voi potrebbe domandarsi: ma cosa dobbiamo fare in pratica? Quali atti eroici? Nulla ragazzi, nulla di speciale, dobbiamo semplicemente vivere nella legalità, nel rispetto delle regole e del vivere civile. Dobbiamo vedere nelle istituzioni, negli insegnanti, nelle forze dell’ordine che scorgiamo in giro per le strade, nei magistrati, degli amici, delle persone che come noi combattono per la libertà e la democrazia e contro la violenza e mai contro di noi, mai Ragazzi! Dobbiamo essere fieri e felici quando vediamo in giro per le nostre città le Forze dell’Ordine e non intimorirci, perché altrimenti siamo come loro, come i mafiosi! Pensiamoci! Dobbiamo sorridere e gioire quando alla tv sentiamo che i magistrati stanno facendo delle indagini importanti perché sicuramente stanno ripulendo qualcosa di marcio che c’è nella nostra Italia. Ciascuno di noi, dice il nostro Presidente Giorgio Napolitano, deve svolgere fino in fondo la sua parte: non possiamo tornare indietro e non possiamo rimanere fermi, non possiamo Ragazzi! E per svolgere la nostra parte nessuno ci chiede atti eroici! Solo la nostra mentalità, nuova, giovane, multietnica, comunicativa, ma soprattutto diversa dal passato. Solo noi giovani abbiamo il magico potere di spazzare via la mafia, ma soprattutto la mentalità mafiosa che è l’humus in cui cresce e si radica l’albero marcio della mafia, solamente noi, con le nostre idee. Mi piace ricordare un esempio portato dal Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso in occasione della pubblicazione dell’opuscolo Il profumo della libertà creato appositamente per i giovani:
Una donna era stata arrestata perché, approfittando dei colloqui in carcere, portava alla cosca mafiosa, di cui il marito faceva parte, i suoi messaggi, le sue direttive. Questa donna aveva due figlie di undici e tredici anni che andavano a scuola in un paesino della Sicilia, le quali furono chiamate a svolgere a scuola un percorso sulla legalità proprio nel momento in cui avevano entrambi i genitori detenuti per mafia. Le ragazzine si sentivano in imbarazzo, estranee, fuori dal contesto, etichettate come se anche loro fossero mafiose, sol perché avevano i genitori in carcere. Quando la madre ottenne gli arresti domiciliari e tornò a casa, le due bambine le imposero di collaborare con la giustizia anche a costo di accusare il loro padre dei gravi delitti di cui la donna era a conoscenza. La madre si convinse, naturalmente entrarono in un programma di protezione perché non potevano più restare in Sicilia. Sono andate al Nord, hanno studiato e ancora oggi continuano a costruirsi un futuro migliore. Grazie all’impegno di professori e maestri, l’educazione alla legalità ha prodotto e riesce a produrre questi risultati, che testimoniano una rivoluzione culturale senza precedenti. Vedete, cari Ragazzi, la mafia non è affatto invincibile, è semplicemente un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine (Giovanni Falcone), siamo noi a decidere quando presto o tardi avverrà questa fine.
E cambiare la nostra mentalità, cari Ragazzi, è semplice basta volerlo ed iniziare da piccoli gesti, ma che hanno un significato enorme. Non immaginate neanche quanto un piccolo gesto possa cambiare la nostra mentalità e aiutarci a diventare cittadini moderni e liberi: Un ragazzo all’età di 18 anni andò via dalla sua Sicilia per andare a studiare al Nord. Quando era più piccolo amava scorazzare per le vie della sua cittadina con il motorino, passando ore ed ore in spensieratezza con gli amici. Aveva però vergogna ad indossare il casco perché la mentalità del paesino vedeva l’indossare il casco come un segno di debolezza, come un voler ascoltare quello che dicevano i genitori o la legge e quindi una cosa da non fare assolutamente altrimenti sarebbe passato per il rammollito di turno. E quindi non indossò mai il casco, così come tutti i suoi amici. Quando si trasferì al Nord per studiare, non abbandonò la passione per le due ruote ed all’inizio cominciò a non indossare il casco come era solito fare nella sua Sicilia. Ma immediatamente si accorse che tutti lo guardavano male, quasi con scherno, quasi a ridergli in faccia. Si guardò attorno e vide tutti i ragazzi della sua età con il casco, tutti, ma proprio tutti! Si vergognò e da allora in poi indosso sempre il casco. Quella mentalità era diversa dalla sua, ma era quella giusta. Ora si vergognava da morire a non indossarlo. E non voleva immaginare neppure che magra figura avrebbe fatto se lo avessero fermato le forze dell’ordine. Dopo qualche anno il ragazzo tornò in Sicilia, tornò a vivere nel suo paesino. Rivide i suoi amici. Non aveva ancora perso la passione per le due ruote. Allora indossò il casco ed uscì per le via cittadine e via in riva al mare. Ma lì si accorse che centinaia di ragazzi della sua età con i motorini non indossavano il casco e lui era l’unico. Si guardò intorno e quasi si vergognò e provò la forte voglia di togliersi quel casco dalla testa che pesava come un macigno e di essere come gli altri suoi coetanei siciliani. Tuttavia si fermò un attimo a pensare e capì tante cose. Capì che ciò che era giusto era di indossare il casco e non di adeguarsi alla mentalità del suo paesino. Capì che era difficile non togliersi quel casco, era la prima cosa istintiva che gli venne in mente di fare, ma allo stesso tempo era importante resistere con la forza di volontà. Capì e decise con consapevolezza che da quel giorno avrebbe indossato il casco sempre e che sarebbe andato sulla via della legalità, a prescindere dalla mentalità degli altri. Capì e si rese conto che quel suo gesto banale di non togliersi quel casco, che lo faceva quasi vergognare e sentire diverso dagli altri, aveva un’importanza enorme, inimmaginabile, perché era il simbolo della sua piccola personale vittoria sulla mentalità siciliana, paesana, vecchia e stupida. Capì che quel gesto era solo l’inizio di mille altri semplici gesti che avrebbero segnato la sua vita. Vedete, Ragazzi, ho portato questo esempio banale, ma importante per chi ne sa cogliere i contenuti, per farvi capire che non ci vogliono atti eroici per sconfiggere la mafia, ci vogliono piccoli gesti quotidiani che fanno cambiare la nostra mentalità, che ci rendono uomini e donne forti, seri e dai principi sani. Perché se cambiamo la nostra mentalità, le organizzazioni criminali non avranno più il terreno fertile dove attecchire. E vorrei concludere ricordandovi di fare vostra questa frase del giudice Paolo Borsellino: Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.