Giardini. “Il testamento biologico”, la cui centralità nel dibattito culturale e politico del nostro Paese è sempre più evidente, è stato il tema di un interessante incontro pubblico organizzato in un noto hotel cittadino dalle associazioni “CulturArte”, “La Fucina” ed “Eventi d’Arte” di S. Teresa. La giornata di studio è stata presieduta e coordinata dal consigliere provinciale Lalla Parisi e ha visto la partecipazione di: Giacomo Caudo, presidente dell’Ordine dei Medici di Messina; del senatore Domenico Nania (autore, tra l’altro, di un recente volume sul delicato tema) e di Giusi Venuti, ricercatrice dell’Università di Messina. Ricca la partecipazione di pubblico. Numerosi gli amministratori del comprensorio presenti, in particolare, del Comune di Giardini Naxos: il presidente del Consiglio Salvatore Bosco (che ha portato il saluto dell’Amministrazione); l’assessore Angelo Cundari e i consiglieri Piero Cavarra, Salvatore Garofalo, Piero Giannetto, Giuseppe Gambacorta e Giuseppe Sterrantino. Sulla centralità della questione si è soffermato Caudo, consapevole dell’importanza della tematica per la sua professione di medico chiamato a intervenire su casi clinici di estrema gravità. Il senatore Nania ha parlato delle difficoltà che la classe politica ha incontrato negli ultimi anni nell’affrontare questioni come quelle della bioetica. Il capogruppo del Pdl al Senato ha proposto una lettura chiamata efficacemente “terza via” per così dire “costituzionale” del problema, che individui una soluzione di compromesso tra le vedute del mondo cattolico e quello laico e che prenda corpo a partire dalla legittimità e imprescindibilità della Carta costituzionale, il cui motivo ispiratore risiede nella tutela del diritto alla vita. Contro il fronteggiamento ideologico che da anni anima i più accessi dibattiti di bioetica in particolare in merito a delicate questioni di etica clinica, Giusi Venuti ha proposto un riarmo concettuale circa la pregnanza di concetti che si maneggiano con troppa disinvoltura. Davvero quando si firma il, cosiddetto “Consenso Libero e Informato” si è realmente all’altezza di capire ciò che si sottoscrive? Se c’è una buona alleanza terapeutica con il medico non dovrebbero esserci problemi. Ma che cos’è l’alleanza, quale il contesto da cui la desumiamo? Allearsi significa avere fiducia, ma la fiducia è in grado di ripararsi dal suo contrario? Il sospetto? Il rischio che il paziente voglia un guaritore a suo uso e consumo e che il medico abusi del suo potere non solo è inaggirabile ma è sotto gli occhi di tutti. D’accordo con Nania, bisognerebbe praticare la terza via che però, per la Venuti, non è quella del compromesso legale ma quella della prudenza. Prima di arrivare alle Dichiarazioni anticipate di trattamento, sicuramente efficaci per dirimere delicate controversie, bisognerebbe strutturare un percorso culturale di lungo corso in cui si torni a formare i giovani medici non solo in base alla logica dell’efficienza ma anche a quella umana della prudenza, unica facoltà capace di stabilire non solo che cosa è giusto o sbagliato in via generalissima, ma anche cosa, al momento opportuno e rispetto singolo bisogno del paziente, bisogna fare.
Rosario Messina
Non vedo quale equilibrio sia possibile trovare tra cattolici e laici nello stendere una legge sul biotestamento,se si accetta a priori che una cosa è il diritto a vivere,sancito pure dalla Costituzione e un’altra è l’obbligo o dovere a vivere,di cui spesso si fa confusione.
Quindi,senza ma,chiunque,in piena facoltà mentale,decide a priori e anticipando il momento quando potrà non esserlo più,che non vuole determinati trattamenti sanitari,deve essere assecondato,così pure,ma al contrario,chiunque chieda di vivere più a lungo possibile.
Così fanno in molti altri paesi europei e non,e tutti civilmente evoluti;ma,per loro fortuna,non soggetti al condizionamento dei vescovi italiani.